Il grande pilota martedì sera all’Officina Ferrarese ha raccontato la propria incredibile carriera
Basta portare all’Officina Ferrarese l’ex campione di rally Sandro Munari, ed ecco il tutto esaurito. Bella serata all’insegna delle corse quella andata in scena martedì, presentata da Riccardo Zavatti (presidente dell’Officina) e moderata dal direttore della Nuova Paolo Boldrini. «Serata importante – l’introduzione di Zavatti -, perché incontreremo chi ha fatto la storia dei rally in Italia e nel mondo».
«Munari è un personaggio molto importante della storia dell’auto – lo presenta Boldrini -: una leggenda del rally italiano che, con la Lancia Fulvia, ha debuttato nel ’66. Tutta la vita di Munari è legata a questo marchio».
Parla Sandro Munari e non puoi non appassionarti al mondo delle corse e del rally. «Essere in un ambiente come questo, dove la passione si sente, mi fa sempre piacere».
A 40 anni dal primo successo al Rally di Montecarlo, era il ’72, “il Drago di Cavarzere”, come veniva soprannominato, è stato recentemente invitato nel Principato di Monaco per due giorni. «A dare quel tocco in più, alla partenza c’era anche il principe Alberto, assieme a più di 380 vetture: è stato davvero bello».
È stato molto legato alla Lancia Stratos, Munari. «Auto che ha scritto la storia della progettazione, anche se ha avuto uno sviluppo sofferto. C’era un’anomalia molto complicata da scoprire, ma è stata determinante per il miglioramento della stessa vettura: la soluzione terra era l’ideale. Il pilota era basilare per poter sviluppare la vettura: allora dipendeva tutto da lui, anche se con il navigatore c’è sempre stata una fiducia reciproca. L’unico errore che un navigatore può compiere, mettendo il pilota in difficoltà, è non leggere bene le note della curva che si chiude: a me è capitato solamente una volta, in Corsica».
«Io sono entrato nel mondo dei rally facendo il navigatore: posso dire – ha continuato Munari – che un pilota va forte anche privo delle note».
Anche se i genitori di Munari non volevano sentire parlare delle corse, lui ha vinto moltissimo.
«Ogni vittoria è bella, ma più bello è un successo in gare difficili, che nessuno ha mai vinto: diventa importante per ciò che fai tu. Mi dà molto fastidio chi paragona i rally di oggi con quelli che abbiamo corso noi. Chi corre oggi,non sa nemmeno ciò che abbiamo fatto noi: accostamento sbagliato, che trovo offensivo. La gara più dura? In Francia durava 9 giorni ed io ho perso 7 chili. Ci ho messo un mese per riprendermi». Se i rapporti con i colleghi erano ottimi, com’erano quelli con Cesare Fiorio? «Con lui sono “nato”, anche se non andavamo sempre d’accordo. Per colpa sua – chiude, sorridendo, Munari -, ho perso due Safari: il primo spingendo verso il traguardo chi ha vinto. Il secondo bucando tre gomme negli ultimi 50 chilometri, dopo avere avuto anche 56′ di vantaggio. Così, siamo arrivati secondi».
Lorenzo Montanari